Sisu: la forza interiore che emerge nei momenti difficili

Oltre la resilienza: il coraggio di trovare un nuovo cammino nel buio

Ci sono momenti nella vita in cui sentiamo di non avere più nulla da dare. La stanchezza, la paura, la tristezza ci schiacciano, eppure in qualche modo continuiamo a camminare. Non si tratta solo di resilienza, che spesso viene vista come una capacità da allenare o una caratteristica innata. È qualcosa di più profondo, più primordiale. I finlandesi la chiamano sisu: la forza interiore che emerge quando siamo al limite, quando pensiamo di non potercela fare e invece troviamo una via d’uscita, una risorsa inaspettata dentro di noi.

Sisu non è una semplice resistenza passiva. È un’azione, un atto creativo di sopravvivenza. È ciò che ci permette di non lasciarci trascinare dagli eventi, ma di rispondere ad essi con coraggio e con la volontà di trasformare il dolore in crescita. Non è un’abilità che possiamo sviluppare in anticipo, perché esiste solo quando diventa necessaria. Si manifesta nel momento esatto in cui siamo costretti a farvi affidamento.

Una canzone come ancora di salvezza

Nel 2023, ho scoperto di essere tra lo 0,05% dei maggiori ascoltatori dei Manic Street Preachers su Spotify. Non perché fossi un’appassionata della band, ma perché per i primi 15 mesi della sua vita mia figlia ha dormito ascoltando una sola canzone: Raindrops Keep Fallin’ on My Head, nella loro versione.

Alcuni neonati si addormentano con il rumore bianco. La mia bambina aveva bisogno di questa melodia e della mia voce. Non era una scelta consapevole: era un istinto, un legame invisibile che ci teneva insieme in quelle notti difficili.

È stato un caso che abbiamo trovato questa canzone. Una sera, mia figlia piangeva inconsolabile tra le braccia di mio marito. Lui stava ascoltando uno dei suoi infiniti album dei Manics quando, all’improvviso, è partita Raindrops. E lì è successo qualcosa di incredibile: ha smesso di piangere e si è messa ad ascoltare.

Io e mio marito ci siamo guardati, stupiti. In quelle settimane di totale esaurimento, ci sembrava un piccolo miracolo: qualcosa in quella canzone la calmava, la riportava a sé stessa e a noi.

Da quel momento, è diventata la colonna sonora della nostra vita da neogenitori. L’ho ascoltata migliaia di volte, così tante che avrei dovuto odiarla. Eppure, nonostante tutto, non mi ha mai stancata. Ancora oggi, quando la sento, mi fa sorridere.

Più passava il tempo, più mi rendevo conto che quella canzone non era solo una ninna nanna improvvisata. Era un messaggio di resistenza, di speranza. Parla di qualcuno che viene colpito dalla pioggia, che si ritrova sotto l’acqua senza riparo, ma che rifiuta di lasciarsi abbattere. Non è solo una canzone sulla resilienza: è essa stessa un atto di resistenza.

Musica e sopravvivenza: quando l’arte diventa un atto di vita

La versione dei Manic Street Preachers non è una semplice cover. È stata registrata poco dopo la scomparsa di Richey Edwards, il loro amico e compagno di band, svanito nel nulla esattamente trent’anni fa.

Dopo la sua scomparsa, il dolore era così grande che per un periodo pensarono di smettere di suonare. La band era persa, disorientata. Ma con il sostegno della famiglia di Edwards, decisero di andare avanti, nonostante la rabbia di alcuni fan che consideravano questo tradimento della memoria del loro amico.

Ecco perché questa canzone è molto più di una semplice cover. È un inno alla sopravvivenza. La voce di James Dean Bradfield trasmette il dolore trasformato in qualcosa di nuovo. È un esempio perfetto di sisu, anche se i Manic Street Preachers probabilmente non conoscevano questo termine finlandese.

Sisu è proprio questo: la capacità di creare qualcosa anche nel mezzo della devastazione. Di non lasciarsi schiacciare dalle difficoltà, ma di rispondere ad esse con creatività e azione.

La nascita del pensiero: perché il dolore ci rende più forti

In psicoterapia, si dice spesso che ogni fase di crescita è una risposta al dolore della perdita. Lo psicoanalista Wilfred Bion sosteneva che il pensiero nasce dal bisogno di elaborare un’assenza.

Un neonato, quando beve il latte materno, non ha bisogno di pensare: si sente sazio, completo, fuso con la madre. Ma quando il latte finisce, sperimenta il desiderio e la mancanza. Ed è in quel momento che la sua mente inizia a svilupparsi.

Lo stesso accade a noi adulti. Cresciamo ogni volta che impariamo a sopportare un’assenza, a gestire un dolore. È il dolore che ci spinge a cercare risposte, che ci costringe a trasformarci.

Ed è qui che entra in gioco sisu. Non possiamo svilupparlo in anticipo, perché non sappiamo di averne bisogno finché la vita non ci mette alla prova. Ma quando arriva il momento, lo troviamo dentro di noi.

Una vita migliore non è una vita più facile

Viviamo in un mondo ossessionato dal miglioramento personale. Ci dicono che possiamo trovare la felicità con la giusta routine, il giusto terapeuta, il giusto libro di auto-aiuto. Ma la verità è che una vita migliore non è sempre una vita più felice.

Ci saranno momenti di estrema difficoltà. Momenti di solitudine, di perdita, di dolore. Ma è proprio lì, in quei momenti, che scopriamo chi siamo davvero.

Una vita migliore non è fatta di giornate perfette. È fatta di momenti inaspettati, di resilienza silenziosa, di scelte coraggiose. È fatta di canzoni che ti fanno andare avanti anche quando tutto sembra perso.

Se impariamo ad accettare questo, allora la vita può sorprenderci. A volte, una lezione arriva nel cuore della notte, attraverso una trasmissione radiofonica. A volte, si manifesta nella voce di un cantante che consola un bambino piangente.

E, proprio come la luce che si rifrange nelle gocce di pioggia, la forza può nascere da qualcosa di semplice e quotidiano, trasformandosi in qualcosa di straordinario.

Questa è la vera essenza del sisu: la capacità di trasformare il dolore in crescita, la paura in azione, la tempesta in una melodia che ci accompagna fino all’alba.

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